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USA, la libertà religiosa non è una astratta petizione di principio - Matchman News
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USA, la libertà religiosa non è una astratta petizione di principio

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha recentemente stabilito, con una sentenza approvata con 5 voti favorevoli contro 4, un diritto costituzionale al matrimonio omosessuale.

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha recentemente stabilito, con una sentenza approvata con 5 voti favorevoli contro 4, un diritto costituzionale al matrimonio omosessuale.

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha recentemente stabilito (con una sentenza approvata con 5 voti favorevoli contro 4) un ‘diritto costituzionale’ al matrimonio omosessuale. Ma questo rispetta la libertà religiosa? E come si definisce la libertà religiosa negli Stati Uniti. Per approfondire meglio il contesto e le implicazioni della sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti che ha introdotto i matrimoni omosex, Matchman News ha intervistato Marco Respinti giornalista esperto di questioni statunitensi e anglosassoni.

Cos’è la libertà religiosa negli Stati Uniti in una prospettiva storico-culturale?

Il principio della libertà religiosa è l’architrave del sistema politico-giuridico-istituzionale degli Stati Uniti d’America. Viene sancito esplicitamente nel Primo Emendamento alla Costituzione federale, ovvero all’inizio del “Bill of Rights” che elenca ed enumera per ordine d’importanza i diritti del cittadino americano. È parte integrante e inamovibile della Costituzione, la quale pone dunque al primo posto la libertà religiosa; tutte le altre libertà politiche dei cittadini statunitensi sono cioè successive e derivate. Con il “Bill of Rights” fondato sulla libertà religiosa, l’impianto costituzionale statunitense istituisce una sfera d’intangibilità attorno al cittadino. Per questo le violazioni del Primo Emendamento sono vissute come attentati ai diritti inalienabili della persona.

Come c’entra la sentenza nel caso Obergefell v. Hodges?

Il diritto alla libertà religiosa dei cittadini statunitensi non è una petizione di principio astratta. Una sentenza come quella emessa il 26 giugno dalla Corte Suprema federale che obbliga tutti gli Stati dell’Unione nordamericana a rendere legali le unioni omosessuali equiparandole giuridicamente al matrimonio profila una violazione della libertà religiosa poiché impone a molti cittadini statunitensi di vivere in un contesto giuridico che ne contraddice il credo. È una ingerenza indebita dello Stato in un campo da cui la Costituzione lo esclude. Davanti alla richiesta di due persone dello stesso sesso di celebrare la propria unione equiparandola giuridicamente al matrimonio, i sacerdoti e i ministri di culto potranno ancora rifiutarsi? Da un punto di vista sia procedurale sia sostanziale è una violazione delle libertà costituzionali dei cittadini.

Come valuti il dibattito interno alla Corte riguardo alle implicazioni fiscali per enti a indirizzo religioso?

Si tratta tecnicamente di un ricatto per cercare, attraverso la leva fiscale, di violare il Primo Emendamento con la complicità delle stesse vittime onde non subirne le conseguenze. Una volta che gli enti religiosi avranno ceduto modificando dottrina e prassi, la violazione del primo dei diritti del cittadino statunitense sembrerà non essere nemmeno mai avvenuta.

Qualche osservazione sulla posizione del giudice Kennedy. Puoi dirci qualcosa riguardo alle sue vedute ideali?

In termini italiani, il giudice Anthony Kennedy sarebbe un “cattolico adulto”, in termini statunitensi è un “left-libertarian”. Negli Stati Uniti, la filosofia libertarian ha un storia lunga e complessa, scissa in due ali principali: i cosiddetti paleo-libertarian e i left-libertarian. Se i primi presentano certamente tratti sostanzialmente “conservatori” (per esempio nell’opposizione all’aborto), i left-libertarian sono invece distantissima dalla sensibilità conservatrice: spiccatamente su temi di natura morale.

Nominato alla Corte Suprema nel 1988 da Reagan (1911-2004), un presidente di chiara fama conservatrice, il giudice Kennedy viene per questo considerato “conservatore”, ma non lo è. Come i conservatori avversa lo statalismo, non però fino al punto di ritenere il diritto naturale il massimo presidio da questo pericolo. Favorevole all’aborto, Kennedy è in più occasioni stato l’ago della bilancia di decisioni giuridiche fondamentali, come appunto il 26 giugno. Oggi la Corte Suprema si compone di 4 giudici conservatori (tra cui il presidente) e di 4 liberal: Kennedy è l’“imprevedibile” che con i colleghi condivide valori a geometria variabile.

Il giudice Antonin Scalia ha usato parole forti nei confronti della sentenza… 

Primo, il giudice Antonin G. Scalia, il “campione” del quartetto conservatore della Corte Suprema, ha definito la sentenza Obergefell una minaccia per la democrazia statunitense. Formalmente ha ragione. Come ricordato, essa finisce infatti per sindacare nel merito delle morali delle fedi religiose. Secondo, essa sancisce l’attribuzione di potere nuovi alla Corte Suprema, minando di fatto la separazione tra i poteri, stoffa autentica del federalismo statunitense.

Ritieni che si sarebbe potuto ottenere un equilibrio maggiore?

Difficile dirlo in assoluto, ma vorrei evidenziare due aspetti importanti della questione. Primo, il modo in cui i “matrimoni” omosessuali sono stati legalizzati è decisamente estremista: l’imposizione della loro legalizzazione ovunque è ben più invasiva dell’obbligo a riconoscerli in tutti gli Stati dell’Unione. Secondo, proprio questo estremismo sta scatenando forme forti di reazione: di fatto sono stati calpestati quei referendum con cui certi Stati avevano costituzionalmente vietato i “matrimoni” omosessuali.

Ora che la palla torna in parte ai singoli Stati (il Texas ha già preso posizione), cosa succederà?

Si assisterà a un grandioso scontro tra Stati e Stato federale (cioè centrale). I primi potrebbero ricorrere alla Corte Suprema e sperare in una sentenza che ribalti quella del 26 giugno, almeno in parte. A seconda di quali saranno i casi portati davanti al tribunale di ultima istanza, e soprattutto alle formulazioni delle querele, non sono da escludere vittorie, magari parziali, degli avversari del “matrimonio” omosessuale. Ma molto dipenderà dalla composizione futura della Corte Suprema. La correttezza formale del ricorso sarà comunque decisiva poiché “costringerà” la Corte Suprema a prendere atto dell’irregolarità commessa il 26 giugno. Alcuni precedenti incoraggianti ci sono.

Luca Chiodini

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